Urbanistica e Decrescita _pt. 4
Le “Terre Forti” di Librino
Il quartiere di Librino, prima della realizzazione del progetto dell’architetto giapponese Kenzo Tange negli anni settanta, era la zona agricola denominata “Terre Forti”, dove crescevano aranci ed ulivi a perdita d’occhio. Tutt’oggi non è solo cemento, si può notare ancora da sopra la collina quanto terreno fertile inutilizzato ci sia e quante famiglie del Borgo Librino abbiano un proprio orto. Per questo al Campo San Teodoro Liberato si è scelto di promuovere la riappropriazione da parte dei cittadini della Terra abbandonata, valorizzando la loro vocazione agricola, coinvolgendo associazioni e soggetti locali in un progetto che integri agricoltura sociale a nuove forme di scambio e relazione.
In pochi mesi si sono visti i primi frutti, come le innumerevoli richieste di partecipazione al progetto, che hanno spinto ad aumentare le parcelle destinate alla coltivazione. Questo successo rende chiaro come si dovrebbe esportare all’esterno del singolo perimetro questo modello di orti sociali urbani, un risultato vincente, riqualificando gli innumerevoli spazi verdi abbandonati della città tramite l’istituzionalizzazione degli stessi, attraverso bandi pubblici di assegnazione e diversificando i beneficiari e gli usi del suolo, come peraltro avviene già da tempo in molte città del Nord Italia (leggi qui).
Altra grande vittoria è la nascita e la continua crescita della rete di piccoli produttori agricoli e consumatori critici, denominata appunto “Terre Forti“, che è arrivata a contare in pochi mesi svariate decine di partecipanti. L’assemblea, ispiratasi alla campagna nazionale di “Genuino Clandestino”, vuole incentivare l’economia di relazione a discapito dell’economia di mercato, consentendo di stabilire forme di solidarietà tra chi è accomunato da obiettivi condivisi.
Gli obiettivi che si prefigge l’assemblea sono: esprimere le problematiche del mondo dell’agricoltura in Sicilia ed essere in grado di formulare delle proposte pratiche che partano da esperienze dirette; promuovere un’agricoltura etica e sana che, slegata da etichette e formali certificazioni, ponga la fiducia reciproca e l’autocertificazione a garanzia del prodotto presentato; consolidare una rete solidale e di mutuo aiuto tra le piccole realtà agricole esistenti nel territorio nazionale; creare dei mercati di vendita diretta, dove anche il piccolo produttore privo di qualsiasi regime fiscale possa vendere i frutti della propria terra; far sì che ogni iniziativa costruita dal gruppo esprima in varie forme un pensiero critico verso le problematiche riscontrate, ma riuscendo a trasmettere il messaggio attraverso un clima comunitario di festa, unione e convivialità; nient’altro che ricreare il senso ormai perso di “COMUNITÀ”.
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